domenica 17 novembre 2013


LIBERA

LIBERA
Elisabetta de Dominis detesta confondere la sua vita con un curriculum. Ha ballato e sognava di nuotare, ha nuotato e sognava di cavalcare, ha cavalcato, studiato, si è laureata mentre faceva la stilista e sognava di fare la giornalista, ha collaborato con una ventina di testate nazionali, diretto una rivista, ha fatto l’esperta di quasi tutto dal food al fashion al sex, ha viaggiato e sempre voleva essere da un’altra parte, libera di inseguire l’ultimo sogno.


All'ultima spiaggia con i rimbecilliti dal viagra 

di E. De Dominis



Siamo all’ultima spiaggia? Macché, non possiamo più permetterci neanche di andarci fuori stagione. Il governo è arrivato al punto di pensare di vendere le spiagge italiane. Come quel padre che, piuttosto di mandare a lavorare il figlio, vende i gioielli di famiglia. Il governo continua a navigare a vista e, per il terrore degli scogli Pd e Pdl, gira su se stesso in balia delle onde che crea da sé. Ci porta tutti alla deriva. E non avremo neppure più una spiaggia dove approdare. Ma, vivaddio, da qualche parte deve cominciare a tagliare, invece che vendere. Gli stipendi e le pensioni milionarie dei burocrati, per esempio, anziché dei poveri cristi italiani. Abbassare le tasse a chi produce in Italia e ritirare la licenza a chi non batte gli scontrini.
Letta si riempie la bocca del lavoro dei giovani, invece di pensare che il problema sono i cinquantenni, che hanno perso il lavoro, e hanno figli a carico. Non fa che aumentare l’odio generazionale per paura di quello di classe, dato che appartiene alla classe dei privilegiati. Davvero i politici non si rendono conto della gravità della situazione, perché mangiano brioche ogni giorno come Maria Antonietta alla vigilia della rivoluzione francese.
Ma è condurre un paese anteporre sempre i propri sporchi interessi? Da mesi leggiamo ogni giorno delle invidie fratricide all’interno del Pd, dove il problema non è aiutare Letta a governare ma far fuori Renzi. I ministri berlusconiani si tengono aggrappati con le unghie e con i denti al governo perché un’altra volta nella vita non gli capiterà di ritrovarsi là. Ma la Santanché, coordinatrice del partito, sta affilando gli artigli da pitonessa e lunedì - ha promesso – li azzera tutti.
Il cavaliere, martirizzato da una santa di nome e satanica di fatto e assediato da un manipolo di avidi vermi, invoca la grazia che, se Napolitano fosse accorto, gli concederebbe abbinata all’esilio. Perché almeno in futuro ci risparmieremmo le agghiaccianti dichiarazioni berlusconiane; nelle ultime ha superato se stesso: “I miei figli si sentono come gli ebrei sotto Hitler”. Forse sarebbe un’idea: basterebbe mandarli dalla Merkel che gli taglierebbe subito il guardaroba e le vacanze ai Caraibi. Sarebbe come una circoncisione dell’imponderabile che hanno in testa… Come ha detto il comico Crozza, se all’ingresso di Auschwitz c’è scritto: “Il lavoro rende liberi”, a quello di Arcore bisognerebbe scrivere: “Il viagra rende scemi”.
Alle volte mi chiedo come gente così sciocca, ignorante e poco seria abbia potuto arrivare a posti di comando. Forse proprio perché non ha un briciolo di serietà. Li vedi ripresi dalla tv che entrano in Parlamento ridendo come se andassero alla gita scolastica. Mentre la gente chiude le aziende, perde il lavoro e non ha da mangiare. Letta si arrovella che leggi fare per i giovani, va in viaggio all’estero a parlarne e poi torna a Roma con la coscienza a posto. Lui il suo lavoro di parlare l’ha fatto seriamente. Ieri ha dichiarato che i dati macroeconomici “dicono che nel 2014 la ripresa è a portata di mano, ma ancora non si vedono nel concreto perché c’è ancora l’onda lunga della crisi. Ma possiamo invertire la tendenza e far riprendere la fiducia e la domanda interna”. Sembrerebbe che come consulente avesse preso il capitan Schettino.
Duro il lavoro dei comici quando i politici fanno ridere più di loro. Ecco perché Grillo ha deciso di buttarsi in politica. E appunto per questo è stato allegramente superato dai suoi deputati in Parlamento. Emanuela Corda, deputata 5 Stelle, ha fatto l’elogio del kamikaze di Nassirya, dicendo compunta che a lui, che si suicidò per portare a compimento quella strage di dieci anni fa, nessuno pensa… Vergognoso. La Corda è sarda e di professione è grafica pubblicitaria, vignettista, fumettista: dalla deformazione alla degenerazione professionale…
Ovvio che questa gentaglia, figlia del porcellum, non farà mai una riforma elettorale. Ovvio che non farà mai una legge che seduta stante “licenzi” per indegnità quanti non hanno né il pudore della vergogna né la coscienza dell’intelligenza per capire che devono sparire dalla scena politica. Perché di sceneggiate siamo stufi e potrebbe finire in tragedia pure per loro.
P.S. Il problema è che chi non sa fare passi avanti – e l’Italia è in mano a paralitici politici – è terrorizzato di farli indietro.
Sapete perché? Perché hanno paura del vuoto. Non solo del precipizio in cui finirebbero, dimenticati da Dio e dagli uomini, ma perché finalmente dovrebbero riconoscere il proprio di vuoto.  E che hanno recitato solo una parte il cui spettacolo è finito per sempre.
Citiamo gli ultimi due casi.
Annamaria Cancellieri non ci pensa alle dimissioni nonostante dagli ultimi tabulati telefonici risulti un rapporto costante con la famiglia Ligresti, anche attraverso suo marito, prima della scarcerazione di Giulia Ligresti. Un ministro della Giustizia che s’impietosisce non può essere imparziale. Un presidente regionale che ride sulle disgrazie altrui non può amministrare una Regione in modo equilibrato.  Nichi Vendola si è giustificato spiegando che non ha riso per i tumori provocati a Taranto dall’inquinamento dell’azienda siderurgica Ilva, ma per la destrezza dell’addetto stampa nel togliere il microfono al giornalista che chiedeva conto a Riva, titolare dell’industria, di quei tumori. Ma è la stessa cosa, perché il fine condiviso da tutti era sviare il problema per continuare a produrre inquinamento ed arricchirsi: Riva di soldi e Vendola di voti. Che poi per Vendola significano consenso, quindi incarichi, quindi guadagno.
Ha confermato il suo compiacimento, e pertanto il suo intendimento, telefonando all’addetto stampa. Non vedo come si potrà tutelare legalmente.
Tutta quella veemente morale da predicatore evangelico con cui infarciva ogni discorso allora era solo retorica opportunistica?
“Il riso abbonda nella bocca degli stolti” recita un proverbio latino.
Soprattutto quando pensano di essere così furbi da poter fregare il prossimo…

Questo articolo viene pubblicato anche su Oggi7-America Oggi

sabato 16 novembre 2013

Senza Sfumature: sulle ali della passione più rossa, con DelosDigital

Colore rosso. Racconti hot che mescolano amore, sesso, passione e perversione in un turbine di avventure che trasporteranno le lettrici attraverso sensazioni forti. Roba da steamy windows...e senza veli a mascherare alcunché. Da non perdere!


venerdì 25 ottobre 2013


IL BACIO...




Bacio che sopporti il peso | della mia anima breve | in te il mondo del mio discorso | diventa suono e paura. (Alda Merini)

Donami mille baci, poi altri cento, poi altri mille, poi ancora altri cento, poi di seguito mille, poi di nuovo altri cento. Quando poi ne avremo dati migliaia, confonderemo le somme, per non sapere, e perché nessun malvagio ci invidi, sapendo che esiste un dono cosí grande di baci. (Catullo)


O speziale veritiero! Il tuo veleno è rapido. E così con un bacio io muoio. (Romeo e Giulietta)


Un bacio legale non potrà mai valere un bacio rubato. (Guy de Maupassant)



TUTTI A PIEDI
di Elisabetta de Dominis


Il governo ha dato l’esempio per risparmiare alla parata del 2 giugno, festa della Repubblica italiana: tutti a piedi, i cavalli nelle stalle, gli aerei delle frecce tricolori negli hangar. Ma il governo va a piedi solo il 2 giugno, gli altri 364 giorni dell’anno in auto blu, scortato dalle guardie del corpo, a spese nostre. Non si vergognano questi politici? Quanta demagogia ed ipocrisia.
Se va avanti così, il governo dovrà istituire corsi di equitazione per i governanti, perché fra poco non ci saranno più i soldi per la benzina. Si chiedevano cosa fare dei cavalli da corsa, visto che nell’ippica non scommette più nessuno e hanno chiuso gli ippodromi. Spero per loro che non abbiano già mandato i cavalli al macello: almeno l’imperatore romano Nerone aveva capito che era meglio fare senatore un cavallo. Con la riforma della Costituzione vorrebbero abolire il Senato: per evitare di avere dei senatori asini? Considerato che i due pretendenti a sindaco di Roma, Marino e Alemanno, sono caduti sul numero dei re della capitale eterna. Per Marino furono solo 5 e l’ultimo si chiamava “Tarquinio il Superbio” (ha inventato un nuovo aggettivo), Alemanno non ha risposto proprio.
A proposito poi di asini, i grillini si sono rivelati virtuali quanto la rete dalla quale provengono. Grillo, facendoli eleggere, li ha materializzati. Purtroppo nel web tutti appaiono come vogliono che gli altri li percepiscano. Solo che, quando li vedono e li sentono parlare, toccano con mano la loro inconsistenza. Elena Bianchi, capogruppo 5 Stelle nel consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, senza spostarsi dalla regione ha conseguito una laurea in Psicologia in Russia conoscendo solo 3 parole di russo. Si sarà laureata in comunicazione non verbale?Il divino Grillo aveva pensato che attraverso il web avrebbe fatto dei grillini a sua immagine e somiglianza. Si è ritrovato con dei poveri cristi, abituati a tirare il carretto della propria esistenza come gli asini, stazionando davanti al computer come davanti a una mangiatoia. E fa un po’ rabbia essersi fatti abbindolare un’altra volta ed aver votato degli asini.
Certo ci sono molti asini a capo di imperi economici che neanche il cavallo di Nerone si sarebbe sognato di raggiungere. Li sentiamo parlare in televisione e ci chiediamo come abbiano ricevuto credito all’inizio della loro carriera. Che tuttavia riguarda un’attività privata, benché alle volte si sia avvalsa dell’intervento di qualche politico. Ecco, qui sta il punto: la prima e la seconda repubblica sono fiorite e finite proprio a causa della connivenza del potere politico con quello economico. Abbiamo foraggiato piccoli uomini trasformandoli in grandi industriali a capo di imperi privati. Tutto perché i governanti volevano dimostrare che lo Stato aveva delle grandi industrie e che dava lavoro al popolo, contestualmente si assicuravano potere e ricchezze individuali.  Questo hanno fatto gli Andreotti, i Craxi, i Berlusconi, quest’ultimo nella sua doppia veste…
Ora la Fiat in Italia è capace di clonare solo una 500, perché non è in grado di ideare auto nuove. I suoi proprietari sono come i reali inglesi: fanno cronaca. Ma, a me, che me ne frega cosa fanno Jaki o Lapo Elkann nel privato? preferirei sapere cosa fanno per dar lavoro agli operati italiani, perché a darlo ai serbi a 250 euro il mese sono brava anch’io. Certo la Zastava è sempre stata la fabbrica d’armi della Fiat in Serbia e hanno un occhio di riguardo a non chiuderla. Io sequestrerei tutto a quanti hanno beneficiato di contributi italiani per avviare le loro industrie e ora delocalizzano all’estero. Poi li manderei a cavallo fino a Belgrado. Noi con le pezze sul sedere, loro almeno con le piaghe.
O il governo mette in atto misure economiche concrete o finirà davvero a mal parata. Con o senza cavalli, che importa?






Trama:
Venezia, 1796.





Lorenza, la giovane figlia del barone Marianin,sa che la attende un matrimonio senza amore e vuole concedersi un’ultima giornata di libertà tra le calli invase dalla folla colorata e festante del Carnevale. Bellissima e spavalda, non sa che la frenesia e la confusione nascondonograndi pericoli per una ragazza sola e sta per essere vittima della violenza di due uomini mascherati. Ma in suo soccorso arriva la più fosca e sinistra delle maschere: la baùta. Chiunque si nasconda dietro quel volto di cartapesta, ha negli occhi e nella voce il fascino della notte che è insieme rifugio dei briganti e covo delle stelle.
Aristocratico o spia, la baùta non vuole rivelare il suo nome, trincerandosi dietro la sua fermezza elegante e decisa. Lorenza sa che non riuscirà a dimenticarlo, senza immaginare che poco tempo la separa dall’incontrarlo di nuovo…
L’uomo misterioso è un’ombra tra le ombre che si muovono nella fitta rete di inganni della politica veneziana,
in cui Lorenza sarà presto coinvolta in un crescendo di rivelazioni fatali e infuocata passione.

giovedì 17 ottobre 2013


DONNE CHE FANNO TESTO


Hai la passione della scrittura? Sai raccontare una storia? Allora sei la persona giusta per "Donne che fanno testo", il concorso di scrittura creativa dedicato alle scrittrici, debuttanti e non, organizzato dal Messaggero

Trovi tutte le informazioni su come partecipare, quanto scrivere e su quale tema al seguente link:http://bit.ly/GQpE4k






HALLOWEEN: IDEE PER UNA FESTA DA...INCUBO!





di Elisabetta De Dominis


Enrico Letta si svegliò con la fronte imperlata di sudore: gli era apparso in sogno Giulio Andreotti sorridente, senza gobba, corpo tonico.
“Caro Enrico, l’inferno esiste davvero. Non ti resta che pregare tutta la vita, come ho fatto io, per salvare la tua anima”.
“Caro Giulio, finché sono vivo, devo salvare il corpo”. “Appunto, Enrico, le due cose sono collegate. Ti spiego: qui è un godimento continuo, che tu in quel di Roma non puoi neanche immaginare. E tutto grazie al fatto che andavo a messa tutti i santi giorni.  Lì ero diventato intimo del parroco e tutti i fedeli se ne erano accorti tanto che gli lasciavano per me delle suppliche di sistemare i loro cari. Ero un dio in terra e, come tutti gli dei, feci del mio meglio per esaudire le loro preghiere e non essere dimenticato una volta nell’aldilà. Dio è misericordioso; e io non sono mai stato a guardare se le preghiere venivano da persone oneste o da mafiosi: l’importante era esaudire i bisogni dei raccomandati. Tanto ho fatto che ho totalizzato il maggior numero di preghiere: ho raggiunto l’apice e Dio qui neanche lo vedo”.
“Vuoi dire che te la spassi alla grande?”
“Certo, Enrico, da far invidia a Berlusconi. Ma non dirglielo. Altrimenti, se arriva anche qui, finisce la pacchia”.
E’ stata una folgorazione: Enrico capisce che deve fare proseliti seduta stante. Ma, con i tempi che corrono, ha bisogno dapprima di mettere tutti d’accordo nel suo governo e quindi pensa a una conversione di massa. Se tutti diventano buoni come Dio, poi sarà più facile fare insieme dei miracoli. Perché per continuare sulla via tracciata da Andreotti, con quel diavolo di Grillo in circolazione che non permette di intascare nemmeno la diaria, occorre davvero operare un’illuminazione sul gruppo di governo. Tipo far scendere lo Spirito Santo. E come, dove? Si chiede Letta angosciato per una giornata intera. All’ora di cena saluta tutti, ma non va a casa, bensì a consultare un guru della comunicazione, stando ben attento a non essere seguito perché i democratici non avrebbero mai permesso si rivolgesse a un soggetto simile anziché a loro sempre così democratici nel confronto verbale, empatici e diretti.
Per la verità in un primo momento Enrico aveva pensato di rivolgersi a uno psicanalista di chiara fama, ma poi aveva scartato l’idea perché non aveva 15 anni a disposizione per l’analisi. C’era da sperare in un lustro al massimo, dopo tutto lo spreco di tempo fatto dalla vecchia Dc. Qualcuno gli aveva anche parlato dell’ipnosi regressiva, dandogli l’indirizzo di un ottimo terapeuta new age, ma quando aveva saputo che era tedesco, aveva temuto fosse una spia della Merkel. Insomma, lui non aveva bisogno di rivivere il suo passato di cui, servizio politico a parte, non poteva lamentarsi di nulla né ascriversi alcuna colpa. I fatti, anzi, avevano dimostrato che proprio il suo condursi politico, sempre un passo indietro, l’aveva alfine condotto alla meta agognata. 
Il guru della comunicazione sfoggia il suo sistema infallibile: la maieutica mutuata da quella socratica. Lo sfinisce con domande per 3 notti consecutive, considerato che non ne sa mezza e deve tirargliela fuori di bocca la soluzione. Alle 3 del mattino dell’ultimo giorno Letta partorisce l’idea di un ritiro spirituale al fine di infondere coesione di gruppo nella forze centrifughe della squadra governo. “Per far spogliatoio - spiegherà ai suoi – questa domenica si va in convento!”
Speriamo che venga a tutti la sindrome dello spogliatoio, così lo Stato non andrà a puttane.

RIFLESSIONI IN PUNTA DI PENNA:

QUANDO IL MALE NON SI PUO' DIMENTICARE

di Patrizia Ferrando





In molti cimiteri, esiste un campo di storie rotte. Tombe senza lapide, quasi sempre lasciate a se stesse, molte senza nome. Custodiscono spoglie di bambini morti alla fine di viaggi di speranza per una cura che non li ha guariti, e la cui famiglia non aveva nulla, nemmeno il denaro per riportarli a casa; di barboni la cui identità si era smarrita in chissà quale notte di freddo e cartoni, di emarginati, disabili, anziani per i quali il disagio è stato un vortice che ha inghiottito tutto, perfino i riti della morte. A queste povere sepolture provvisorie provvede l'ente pubblico, poi c'è l'ossario comune. Ecco, dopo averne sentite tante, visto che i parenti neppure lo reclamano, credo che Priebke dovrebbe terminare oscuramente il suo itinerario funebre in uno di questi campi. Dimenticata la sua "personalità", rimosso il suo nome, ricordate, altrove, le sue colpe. E poi, silenzio.

lunedì 14 ottobre 2013











EWWA (European Writing Women Association) 



È un’associazione di autrici e di professioniste del mondo della comunicazione (stampa, grafica e audiovisivo), che ha come obiettivo primario la solidarietà professionale e creativa tra donne che lavorano in questo settore in Europa. Nata dall’incontro di professioniste impegnate in Italia nell’ambito della scrittura, EWWA vuole promuovere la scrittura e la creatività femminili nelle più diverse espressioni, nonché la crescita professionale delle sue iscritte. 

Aderire a un’associazione è, al giorno d’oggi, una scelta che porta tanti vantaggi: associazione è partecipazione, costruzione e collettività. EWWA è giovane e dinamica e ha l’obiettivo offrire mezzi concreti per lavorare al meglio e con i migliori strumenti. L’attività associativa non può certo rappresentare la soluzione a tutte le difficoltà che si incontrano ma può servire a dotarci di mezzi più mirati, a infondere entusiasmo al proprio lavoro in una rete di contatto/scambio/collaborazione con altri professionisti del settore editoriale.

L’unione fa la forza e anche i più piccoli, all’interno di un sistema associativo, possono trovare la strada giusta. Nascono così collaborazioni funzionali tra i soci e gli associati, workshop, corsi, formazione, brain-storming, incontri. L’associazione EWWA nasce dunque per fornire alle iscritte quel valore aggiunto e quel sostegno che, fino a ora in Italia, ancora nessuno ha offerto nel campo della letteratura e scrittura.

EWWA è un’associazione che vuole lavorare a tutela degli interessi degli iscritti per far sentire meglio la propria voce. L’Associazione persegue i seguenti scopi: 

- Ampliare gli orizzonti didattici e professionali degli associati;
- Sostenere la formazione continua delle iscritte;
- Essere un tramite tra autore e altri operatori del settore;

L’Associazione per il raggiungimento dei suoi fini intende promuovere varie attività in particolare:

- Attività culturali: seminari, work-shop, corsi di scrittura e/o di aggiornamento teorico/pratici per gli operatori dell’informazione. Alcuni servizi che verranno offerti saranno gratuiti, altri, come seminari e workshop, a pagamento. Gli eventuali rapporti professionali che si instaureranno tra le associate e le libere professioniste - che siano iscritte o no a EWWA - (agenti, lettrici, editor, traduttrici, grafiche) saranno risolti direttamente tra le due parti.

L’Associazione è apolitica e non ha scopo di lucro. Tutte coloro che intendono far parte dell’Associazione dovranno per il momento richiedere di iscriversi inviando semplicemente una e-mail all'indirizzo
ewwa.iscrizioni@gmail.com 

Possono far parte dell’Associazione, in qualità di SOCIE ORDINARIE e ASSOCIATE solo le persone fisiche che ne abbiano fatto richiesta e che siano in regola con i requisiti necessari. 

Sinteticamente: 

Socie Ordinarie
Professioniste che sostengono l'Associazione e che l'Associazione aiutano riconoscendone anche verso l'esterno la funzione. Possono fare richiesta di iscrizione come socie ordinarie le scrittrici che hanno già pubblicato almeno due (2) opere in cartaceo e/o digitale in diffusione o distribuzione nazionale; le scrittrici che pubblicano racconti su periodici o testate a diffusione nazionale (non verranno prese in considerazione le auto-pubblicazioni o le pubblicazioni a pagamento). Per quanto riguarda gli altri ambiti di scrittura (giornaliste, pubbliciste, editor, traduttrici, sceneggiatrici, ecc), coloro che abbiano già lavorato a livello professionale nei rispettivi campi. Le Socie Ordinarie saranno tenute a versare una quota di iscrizione annuale di 50,00 euro. Il ricavato delle quote associative verrà impiegato per le spese ordinarie di gestione e per l’organizzazione dei servizi e delle attività di base rivolti alle iscritte.*

Associate
Possono fare richiesta di iscrizione come Associate tutte coloro che sono interessate a lavorare con la scrittura, versando una quota annuale di 35,00 euro, ferma restando la possibilità di iscriversi successivamente in qualità di Socie Ordinarie.

Come correggere il proprio romanzo
di Chiara Parenti
a cura di Patrizia Ines Roggero




Come correggere il proprio romanzo, edito da Galassia Arte, è un manuale per scrittori che spiega con grande semplicità quali sono gli errori da evitare in un romanzo, ma non solo, insegna anche a guardare la propria opera con occhio critico e distaccato, così da individuare eventuali punti deboli.
Presentare a un editore un libro scevro di refusi, ridondanze, ripetizioni e quant'altro, è certamente un buon biglietto da visita che ogni scrittore dovrebbe possedere, per questo credo che il manuale di Chiara Parenti sia utile all'autore affermato quanto all'emergente, il quale spesso è vittima della smania di essere pubblicato e, così facendo, non concede alla revisione né il tempo né l'attenzione che merita. Purtroppo è un errore che si riscontra di frequente, soprattutto in tempi in cui l'autopubblicazione sta prendendo sempre più campo. 
Nelle quattro parti in cui è diviso, vengono trattati temi cruciali per la buona riuscita di un romanzo. Si parla di revisione del testo, di stile, vengono riportate alcune regole fondamentali per scrivere in modo corretto e, in fine, ci parla del tanto temuto editing e di tutto ciò che esso comporta. 
Come ogni manuale che si rispetti è piuttosto schematico, corredato da specchietti riassuntivi e termini in grassetto per facilitare la ricerca degli argomenti desiderati. Utile anche l'esempio di editing pratico, dove l'autrice ci guida passo passo nella revisione di un breve racconto presente nel libro.
Naturalmente il nostro romanzo avrà poi bisogno dell'occhio esperto di un editor professionista capace di levigarne ulteriormente la superficie, fino a renderlo perfetto agli occhi attenti dei lettori. 
Personalmente è un libro dal quale ho imparato molto e che avrei voluto leggere prima, avrebbe certamente semplificato il duro lavoro della revisione!


Chiara Parenti, giornalista pubblicista, è nata nel 1980 a Lucca, dove vive e lavora. Laureata in Filosofia, è addetta stampa e opera nell’ambito della comunicazione. Editor e redattrice con esperienza nell’ambito dell’editoria libraria e periodica, vive ogni giorno il processo di lavorazione che si cela dietro i libri, sotto tutti gli aspetti: dalla grafica ai contenuti fino alla promozione. Appassionata di scrittura creativa è inoltre autrice del saggio Papa Francesco. Apertura, dialogo e umiltà, ecco il pontefice della svolta. (Galassia Arte)


sabato 28 settembre 2013


UNA TAZZA DI ROMANCE
di Patrizia Ferrando



Ottobre, lo ammetto, è probabilmente il mio mese preferito, sia che regali la dolcezza dorata del sole che intiepidisce, sia che sfiori con veli di pioggia vetri e ricordi.
Le appassionate di romance storico e tradizioni inglesi, ma anche le nuove adepte di period drama o di letture austeniante, tra cui si contano non poche ragazzine, riconoscono in questo periodo giorni perfetti per portare una scena quasi immancabile delle storie tanto amate nella realtà di un pomeriggio fra amiche, allestendo una vera ora del tè.
Naturalmente non si tratta solo di mettere l’acqua sul fuoco, ricordarsi che sono prescritti un cucchiaino della miscela prediletta a testa, più uno per la teiera, e provvedere a diversi tipi di zucchero, tartine e dolci: il “nostro” incontro sarà un pochino letterario, senza per questo dover spendere una fortuna o impegnarsi in preparativi complicatissimi.
Un invito “austeniano”, sarà, ad esempio, caratterizzato da qualche candela accesa, da porcellane candide o comunque in tinta unita, da semplici alzatine e lini ricamati, da porre in contrasto con la brillantezza del metallo. Se preferite atmosfere vittoriane, invece, concedetevi tazze fiorite, gelatine e dolcetti multicolori , una tovaglia che vesta la tavola fino a terra, e su cui magari avrete applicato strisce di pizzo per accentuare l’effetto romantico. Il tè eccentrico per eccellenza è quello di Alice e del Cappellaio Matto: festeggiate pure il vostro non compleanno, senza dimenticare un cappello pieno di fiori a centrotavola, vasetti in cui porre muschio e carte da gioco, chiavi e bottigliette come decorazioni, e bigliettini con la scritta “eat me” da porre sui dolcetti. Sempre inglese, ma in giallo, un five o’clock degno di Miss Marple e della sua creatrice Agatha Christie, porterà in scena un vaso lucente con rose dal colore acceso, alzate a più piani e piatti da torta con bordi operati. Per completare l’opera, pensate a un pizzico di romanzo in più, ad esempio un quiz divertente. Niente domande pedanti, perché non siamo a scuola: piuttosto, inventatevi qualche buffo test sui protagonisti austeniani, il grado di stramberia da Wonderland o l’attitudine all’indagine, e stampatelo su cartoncini dai colori intonati a quelli dell’apparecchiatura. L’intermezzo divertirà le amiche più affiatate, e potrebbe anche aiutare ad amalgamarsi un gruppo di persone non del tutto in confidenza.
Ultimo suggerimento: le bimbe gradiranno a loro volta, invece di una stravista festa effetto cartoon, un piccolo party d’altri tempi, simile a quello delle mamme, con in più qualche cappellino, scampoli di pizzo, piume e fiori di stoffa per travestirsi, orsacchiotti e bambole romantiche seduti attorno a un tavolino, minuscoli doni come campanellini di metallo, nastri o cartoline dai decori retrò. 

mercoledì 18 settembre 2013


RECENSIONE 
a cura di Francesca Franca Baldacci

“IL PRIMO CAFFE’ DEL MATTINO” 
DIEGO GALDINO 
SPERLING & KUPFER EDITORE



Chi non ha mai sognato di innamorarsi a Roma, la città eterna?

Diego Galdino, classe 1971, nel suo primo romanzo “Il primo caffè del mattino”, edito da Sperling & Kupfer, ci guida dentro una storia particolare, romantica, ironica, corale, con un pizzico di mistero a renderla ancora più intrigante.
Il personaggio maschile, Massimo, svolge la stessa professione del suo autore: è titolare di un bar in zona Trastevere, specializzato in… caffè di tutti i tipi, e nel suo locale si avvicendano vari personaggi che, pagina dopo pagina, ci troviamo a conoscere e ad amare.
L’appuntamento con l’amore è proprio qui: un incontro “fulminante” con un paio di occhi verdi, una spruzzata di lentiggini, una ragazza francese dal carattere particolare e particolarmente suscettibile, qualche parola di troppo e… tutto perduto? Ma no. L’avventura sta solo per cominciare.
Genevieve, la misteriosa francesina, ci appare però sempre più irraggiungibile, le ombre che la circondano si intensificano lungo la narrazione, anche se Massimo cerca con tutti i mezzi a disposizione di far breccia nel suo cuore.
Complice un diario lasciato non proprio per caso da Genevieve prima della sua partenza per la Francia, una sorella volonterosa, Carlotta, e l’amore di Massimo, che non conosce ostacoli, arriveremo a scoprire una verità, ai limiti dell’incredibile, tutta a sorpresa.

Personalmente ho molta simpatia per i romanzi “corali”: quelli, cioè, che non si limitano a far ruotare la storia attorno ai protagonisti, ma che danno colore anche ad altri, che fanno da sfondo, regalano un’atmosfera tutta particolare, la creano, permettono di alleggerire il pathos di certi momenti, regalandoci anche qualche sorriso.
Diego Galdino è bravissimo nella descrizione degli avventori del locale, con pochi tratti li dipinge rendendoli vivi, tanto che ci appaiono sotto gli occhi, ci aiutano anche a leggere meglio la vicenda.
Ma certo tutta la nostra simpatia va a Massimo: candido, tenero, ironico, perfino buffo nel suo modo di esternare i sentimenti. Quale donna non sognerebbe di essere amata in questo modo, da un uomo così?

Qualche volta ci si chiede come mai sono tanto pochi, gli uomini che sanno scrivere d’amore. Quei pochi che ci sono, però, compensano anche quelli che mancano…
Di Galdino è stato detto che sia il Nicholas Sparks italiano. Certo è che il nostro autore possiede comunque uno stile personale particolarissimo che non fa rimpiangere il più celebre romantico scrittore americano. E lo rende squisitamente “nostro”.
Uno dei protagonisti di questa deliziosa commedia romantica è, però, diciamocelo… il caffè. Alla bevanda più amata dagli italiani è dedicato il romanzo stesso, tanto che il libro si conclude con tanto di appendice ricca di ricette e piccoli segreti in materia.